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Intervista a Giulia Spernazza

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Gabriele Landi: Ciao Giulia, quando ti sei resa conto che l’arte era la strada che volevi percorrere?

Giulia Spernazza: Se parliamo di presa di coscienza credo durante le scuole medie, quando decisi di iscrivermi al liceo artistico, ma in realtà già da bambina giocare per me significava disegnare e creare con paste modellabili. Diciamo che intraprendere questa strada è stata dapprima una spinta inconscia, il seguito è avvenuto in modo del tutto naturale.

Gabriele Landi: Nella mitica età dell’infanzia, si comincia spesso a proiettare una “cosmogonia” fatta di fantasticherie, atteggiamenti, modalità operative che in seguito si riveleranno fondanti per l’immaginario dell’artista, lo é  stata anche per te? Racconta?

Giulia Spernazza: Bellissima domanda, non mi era mai capitato di riflettere sui punti di contatto tra la mia ricerca, per come è andata sviluppandosi nel tempo, e il modo in cui mi esprimevo nell’infanzia. Andando indietro con la memoria mi accorgo di quanto già allora ci fossero due aspetti che hanno poi caratterizzato il mio percorso artistico. Durante le scuole elementari ricordo che mi divertivo a creare piccole figure umane con materiali modellabili che si usano a  quell’età e poco più tardi ero solita disegnare dal vero oggetti e frutti, sceglievo quelli più semplici, una bottiglia, una mela. Non conoscevo certo le regole della composizione e gli equilibri formali, eppure li spostavo fino a quando non sentivo che l’insieme “funzionava”. In queste prime esperienze posso già intravedere l’approccio immediato e istintivo che avrò con la materia e il mio lato più riflessivo che sfocerà più tardi in una pittura tonale e intimista. Dopo l’Accademia questi due aspetti antitetici confluiranno in un unico linguaggio.

Gabriele Landi:Durante gli studi hai fatto degli incontri importanti?

Giulia Spernazza: Un professore in particolare, Micalizzi, ha contribuito notevolmente alla mia formazione, insegnava modellato al liceo e mi ha dato delle basi molto solide. Durante l’Accademia ho invece approfondito la pittura grazie al mio professore di Decorazione, Celestino Ferraresi, purtroppo scomparso qualche anno fa. In quegli anni fondamentale è stato il confronto quotidiano con gli altri studenti, si dipingeva uno accanto all’altro a vista,  un periodo molto stimolante.  

Gabriele Landi:Dopo l’Accademia come è andato avanti il tuo lavoro?

Giulia Spernazza: Per alcuni anni si è mosso tra la Pittura e la Scultura con linguaggi distinti e nel tempo questo ha cominciato a farmi sentire scissa. La ragione di questa dicotomia corrispondeva a due approcci diversi tra loro in quanto legati a bisogni diversi. La pittura mi consentiva di esprimere la mia parte riflessiva con la realizzazione di paesaggi suggeriti, per lo più marini, attraverso la sovrapposizioni di sottili strati pittorici tonali in cui il lavoro procedeva molto lentamente. La scultura invece mi permetteva di “liberarmi”, la modellazione in cera mi consentiva un approccio più immediato e istintivo con la materia con cui creavo figure umane appena accennate. Ad un certo punto ho sentito la necessità di unire questi due linguaggi e ho iniziato a sperimentare materiali come la carta e il tessuto, congeniali a esprimere quell’attitudine al silenzio ma che occupassero lo spazio in modo diverso. Forme tridimensionali semitrasparenti e leggere tese a trascendere la forma attraverso la materia, che segnarono l’abbandono della pittura tradizionale e ogni riferimento alla figura umana per esprimere l’essenzialità e la purezza della natura. Negli ultimi anni è andato progressivamente aumentando l’interesse per l’installazione, il rapporto con lo spazio mi da la possibilità di creare un vero e proprio mondo in cui osservare il mio lavoro in maniera totale.

L’evoluzione del mio linguaggio è intimamente legato al mio percorso interiore che si traduce in una ricerca di estrema sintesi formale, armonia ed equilibrio.

Gabriele Landi: Che importanza attribuisci al tempo nel tuo lavoro?

Giulia Spernazza: Esso trascorre inesorabile testimoniando l’impermanenza di ogni cosa ma i ricordi sono sempre vivi e presenti in noi, il bagaglio delle esperienze  contribuisce alla nostra costante evoluzione come esseri umani. Dal 2020 la mia ricerca è incentrata sul concetto di casa come luogo simbolo di relazioni affettive ed il tempo in questo caso è strettamente legato alla memoria. Mettendo in relazione materiali presi dall’edilizia, come cemento e calcestruzzo, con indumenti e accessori, intendo richiamare un ideale spazio fisico e le esperienze stratificate delle persone che lo hanno abitato. Ogni elemento immerso nel cemento bianco viene cristallizzato e sottratto al trascorrere del tempo, all’identificazione di caratteristiche personali,  con lo scopo di rendere il messaggio universale.

Gabriele Landi:I tuoi lavori sembrano vivere una felice contradione da una parte i brandelli dalla marcata presenza fisica e dall’altra l’allusione alla memoria all’immateriale. Esiste in quello che fai un’idea di messa in scena ?

Giulia Spernazza: Non parlerei di messa in scena. Fino a due anni fa il mio mondo interiore era l’unica fonte di ispirazione della mia ricerca, progressivamente lo è diventato anche quello esterno, dal quale mi accorgo di intercettare i risvolti emotivi a livello personale e collettivo. Questo cambiamento, sicuramente sollecitato dalla situazione pandemica, è inizialmente avvenuto a livello inconscio. In modo del tutto naturale la propensione a trascendere la forma attraverso opere leggere e trasparenti è stata sostituita da un forte senso di gravosità, staticità e drammaticità che i lavori iniziavano ad emanare. L’Arte ha la capacità di intercettare i cambiamenti della società divenendone talvolta cassa di risonanza e i lavori degli ultimi due anni sono il risultato di questa “discesa nel reale”. Ho sempre vissuto l’Arte come evasione, una sorta di chiusura in un mondo ovattato in cui esprimere la mia parte più autentica, oggi sento che quello che faccio è più in connessione con quello che accade intorno a me, ovviamente filtrato dalla mia sensibilità e interpretazione. In tal senso anche la ricerca attuale è il risultato di riflessioni sull’importanza che la casa come spazio ha avuto negli ultimi anni,  è stata simbolo di riparo ma anche di isolamento, amplificatore di solitudini e/o di legami familiari.  

Gabriele Landi: Secondo te quale è quale ruolo ha l’artista nel mondo in cui viviamo?

Giulia Spernazza: Credo che l’artista abbia un solo compito, quello di essere fedele a sé stesso, non accettare compromessi ed essere il più libero possibile dai condizionamenti esterni. Questo non significa porsi al di fuori della realtà ma assecondare il proprio flusso a far sì che la ricerca artistica sia e rimanga autentica. Ciò che secondo me dovrebbe evitare è di porsi al di sopra della società, cucirsi il ruolo di colui che detiene delle verità assolute attraverso messaggi espliciti su cosa sia giusto o sbagliato, ma anche di essere totalmente autoreferenziale. Attraverso il proprio percorso di crescita come individuo e le proprie esperienze, l’artista può arrivare alla radice di determinati stati d’animo e riflettere sulle questioni esistenziali che da sempre riguardano tutti gli esseri umani.

Giulia Spernazza Nasce nel 1979 a Roma, dove vive e lavora. Dopo aver conseguito il diploma di Liceo Artistico nel 2008 si laurea in Decorazione all’Accademia di Belle Artidi Roma. Espone in permanenza alla Galleria d’Arte Faber (Roma) e collabora con diverse Gallerie.

Tra le principali esposizioni nel 2018 espone alla mostra personale “natura pura” presso la Galleria d’Arte Faber e nel 2019 partecipa alla collettiva “Ex Voto per arte ricevuta”, a cura di Angelo Crespi, al Museo Marino Marini (Firenze). Sempre nel 2019 espone alla IV Biennale del libro d’Artista presso la Fondazione Monti Uniti di Foggia e alla Va edizione del Premio Arteam cup a Villa Nobel (Sanremo), dove vince il Premio residenza e mostra personale presso il MuSa (Museo di Salò) che terrà nel 2020 con la curatela di Anna Lisa Ghirardi. Nel 2021 effettua la personale “Vulnerabile” alla Galleria d’Arte Faber, nel 2022 partecipa alla mostra The Soft Revolution”, 25WTA World Textile Art, presso il Museo del Tessile di Busto Arsizio e tiene la bipersonale con Valeria Patrizi “ Tra il visibile e l’interiore”, a cura di Marta Bandini ed Elettra Bottazzi, al Museo Diocesano di Caltagirone. Viene inoltre selezionata allla 7° edizione del Premio Arteam cup, a cura di Livia Savorelli e Matteo Galbiati, al Palazzo del commissario, Fortezza del Priamar (Savona). Le sue Opere sono state acquisite dal Museo Michetti (Francavilla al Mare), dalla Civica Raccolta del Disegno di Salò (MuSa) e dal Museo Diocesano di Caltagirone.

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